Era
un piccolo Eden. Una baia protetta e
minuta circondata da dolci colline,
baciata dal sole e incoronata da un
mare dalle tinte turchine. L’acqua
era calda, dalle presunte proprietà
benefiche. Fu così che la costa
napoletana e in particolare i Campi
Flegrei divennero una delle mete di
villeggiatura preferite
dell’aristocrazia romana tra il I
secolo a. C. e il II secolo d. C.,
per il clima mite, la bellezza del
paesaggio e la grande ricchezza di
sorgenti di acque calde sfruttate
per la costruzione di complessi
idrotermali. Baia non fu mai una
“città” vera, anche se oggi usiamo
definirla come “città sommersa”. Non
ci sono infatti edifici pubblici
come tempi o il foro, ma solo un
agglomerato di ville e terme
iniziate a costruire solo dal II
secolo a.C.
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Le
"ville di ozio", come vennero
soprannominate le ricche dimore
baiane, furono abitate da Licinio
Crasso, Caio Mario, Lucio Lucullo,
Cesare, Pompeo, Varrone, Cicerone,
Orazio... Durante il primo secolo
a.C. le colline digradanti verso il
mare apparivano già punteggiate di
ville, formanti una grandiosa Cavea
di un fantastico teatro con davanti
il migliore dei palcoscenico: il
mare di Napoli. Un fenomeno
geologico naturale, tipico di quest’area
campana e che prende il nome di
bradisismo, fu la vera causa della
scomparsa dell’esuberante città di
Baia. Questo provocò la sommersione
di tutta l’antica fascia costiera
trasformandola in una silenziosa
città sommersa oggi abitata da
corvine, saraghi e piccole cernie.
Abbiamo incontrato la D.ssa
Alessandra Benini, archeologa
subacquea che da ben venti anni
collabora con il Ministero per i
Beni e le Attività Culturali e in
particolare con la Soprintendenza
per i Beni Archeologici di Napoli e
Caserta per lo studio la
documentazione e la tutela del
patrimonio archeologico sommerso dei
Campi Flegrei, chiedendole
informazioni su questa antica città
degli splendori.
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Il testo integrale è
presente all'interno del
mese di
Maggio 2006
della rivista
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