Le
navi sono state i più grandi oggetti
mobili conosciuti dagli uomini
dell'antichità. Avventurarsi su di
esse negli oceani aperti era una
temerarietà simile a quella che è
necessaria per andare non più sulla
Luna, ma su Marte e superare
l'indomita violenza del mare era un
fatto davvero straordinario. Non
potremo forse mai renderci
totalmente conto di ciò che
provavano gli antichi navigatori
quando compivano i loro viaggi, ma
non tutto quanto di ciò che ci è
pervenuto deve essere immaginazione.
Un certo numero delle loro navi, del
materiale che trasportavano, dei
suppellettili, degli strumenti di
bordo, sopravvivono ancora e sono
testimoni più di qualsiasi altra
cosa della loro meravigliosa
abilità, della pratica destrezza e
della forza che i primi navigatori
usavano per combattere gli oceani
implacabili. In un'era dove GPS,
sonar, satelliti e tecnologia ci
prendono per mano e guidano
attraverso quelle sconfinate di blu
senza farci sbagliare rotta e
preannunciando ogni variante meteo,
non è facile immaginare cosa
provassero questi uomini temerari. I
naufragi, disastrosi al giorno
d'oggi, erano spesso letali per
allora. Gli uomini si sarebbero
trovati in balia delle onde e
dell'ignoto, a galleggiare su
piccoli gusci senza cibo né acqua.
Eppure la storia, almeno fino a
memoria di uomo, riporta di casi di
sopravvivenze inimmaginabili. Una
vittoria sull'inedia e la morte che
soltanto uomini forti, decisi,
capaci avrebbero potuto affrontare.
Ecco perché è importante studiare e
salvaguardare ogni piccolo oggetto
dell'antichità che il mare di tanto
in tanto ci regala. E' come se,
all'improvviso, aprissimo una
finestra sul passato, sbirciando in
quel mondo del quale poco sappiamo o
conosciamo. Ogni manufatto presente
sul fondale marino deve essere
studiato nell’ambiente in cui viene
trovato, perché molte volte
rappresenta solo la tessera di un
mosaico, la cui lettura richiede
l’integrità del contesto in cui è
presente.....
........
Quale è il corretto comportamento in
caso di ritrovamento archeologico
Fermo restando che le attività di
ricerca archeologica sono da
ritenersi sempre e comunque
sottoposte al controllo delle
Istituzioni, nel caso di un
rinvenimento fortuito la legge
prevede l’obbligo di denuncia
immediata associato all’obbligo a
non manomettere la cosa ritrovata
lasciandola nelle condizioni e nel
luogo dove è stata rinvenuta. A tal
punto è di estrema importanza una
corretta segnalazione con
metodologie scientifiche del
ritrovamento effettuato,
possibilmente corredato da schizzi,
da fotografie o riprese video tali
da consentire una precisa
valutazione dei manufatti ritrovati.
E’ necessario evitare qualsiasi
manomissione, acquisendo tutti quei
dati necessari al posizionamento
dell’area marina . La segnalazione
del ritrovamento archeologico va
fatta alla locale Capitaneria di
Porto, alla stazione dei Carabinieri
o alla Soprintendenza responsabile
per territorio, i cui recapiti si
trovano su internet sul sito del
Ministero dei Beni Culturali
all’indirizzo:
www.archeologia.beniculturali.it.
La scheda di segnalazione
Esempio di scheda informativa di
segnalazione utilizzata dal Gruppo
Argo e Reitia. La scheda può essere
scaricata dal sito
www.argovenezia.it. La segnalazione
del ritrovamento archeologico va
fatta alla locale Capitaneria di
Porto, alla stazione dei Carabinieri
o alla Soprintendenza responsabile
per territorio, i cui recapiti si
trovano su internet sul sito del
Ministero dei Beni Culturali
all’indirizzo:
www.archeologia.beniculturali.it. |
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Il testo integrale è
presente all'interno del
mese di
Luglio 2005
della rivista
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