ARCHEOSUB

DALLA PARTE DELLA STORIA

di Maria Pia Pezzali

in collaborazione con Duilio Della Libera e Alessandro Tagliapietra

"IL SUBACQUEO" - Luglio 2005


Le navi sono state i più grandi oggetti mobili conosciuti dagli uomini dell'antichità. Avventurarsi su di esse negli oceani aperti era una temerarietà simile a quella che è necessaria per andare non più sulla Luna, ma su Marte e superare l'indomita violenza del mare era un fatto davvero straordinario. Non potremo forse mai renderci totalmente conto di ciò che provavano gli antichi navigatori quando compivano i loro viaggi, ma non tutto quanto di ciò che ci è pervenuto deve essere immaginazione. Un certo numero delle loro navi, del materiale che trasportavano, dei suppellettili, degli strumenti di bordo, sopravvivono ancora e sono testimoni più di qualsiasi altra cosa della loro meravigliosa abilità, della pratica destrezza e della forza che i primi navigatori usavano per combattere gli oceani implacabili. In un'era dove GPS, sonar, satelliti e tecnologia ci prendono per mano e guidano attraverso quelle sconfinate di blu senza farci sbagliare rotta e preannunciando ogni variante meteo, non è facile immaginare cosa provassero questi uomini temerari. I naufragi, disastrosi al giorno d'oggi, erano spesso letali per allora. Gli uomini si sarebbero trovati in balia delle onde e dell'ignoto, a galleggiare su piccoli gusci senza cibo né acqua. Eppure la storia, almeno fino a memoria di uomo, riporta di casi di sopravvivenze inimmaginabili. Una vittoria sull'inedia e la morte che soltanto uomini forti, decisi, capaci avrebbero potuto affrontare. Ecco perché è importante studiare e salvaguardare ogni piccolo oggetto dell'antichità che il mare di tanto in tanto ci regala. E' come se, all'improvviso, aprissimo una finestra sul passato, sbirciando in quel mondo del quale poco sappiamo o conosciamo. Ogni manufatto presente sul fondale marino deve essere studiato nell’ambiente in cui viene trovato, perché molte volte rappresenta solo la tessera di un mosaico, la cui lettura richiede l’integrità del contesto in cui è presente.....

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Quale è il corretto comportamento in caso di ritrovamento archeologico
Fermo restando che le attività di ricerca archeologica sono da ritenersi sempre e comunque sottoposte al controllo delle Istituzioni, nel caso di un rinvenimento fortuito la legge prevede l’obbligo di denuncia immediata associato all’obbligo a non manomettere la cosa ritrovata lasciandola nelle condizioni e nel luogo dove è stata rinvenuta. A tal punto è di estrema importanza una corretta segnalazione con metodologie scientifiche del ritrovamento effettuato, possibilmente corredato da schizzi, da fotografie o riprese video tali da consentire una precisa valutazione dei manufatti ritrovati. E’ necessario evitare qualsiasi manomissione, acquisendo tutti quei dati necessari al posizionamento dell’area marina . La segnalazione del ritrovamento archeologico va fatta alla locale Capitaneria di Porto, alla stazione dei Carabinieri o alla Soprintendenza responsabile per territorio, i cui recapiti si trovano su internet sul sito del Ministero dei Beni Culturali all’indirizzo: www.archeologia.beniculturali.it.


La scheda di segnalazione

Esempio di scheda informativa di segnalazione utilizzata dal Gruppo Argo e Reitia. La scheda può essere scaricata dal sito www.argovenezia.it. La segnalazione del ritrovamento archeologico va fatta alla locale Capitaneria di Porto, alla stazione dei Carabinieri o alla Soprintendenza responsabile per territorio, i cui recapiti si trovano su internet sul sito del Ministero dei Beni Culturali all’indirizzo: www.archeologia.beniculturali.it.

Per scaricarla fare un click qui


Il testo integrale è presente all'interno del mese di

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