Archeologia
subacquea in Liguria: un nuovo relitto romano riaffiora dalla sabbia. E'
trascorso già qualche giorno dalla scoperta. Ma Davide Mottola e Luigi
Borghi, rispettivamente titolare e collaboratore del Nautilus technical
divine center di Marina degli Aregai dì Imperia, non nascondono
l'emozione nel ripercorrere quell'indimenticabile esperienza del 25
agosto.
«Eravamo impegnati a cercare dei nuovi punti dii immersione per i nostri
amici e clienti subacquei, ma invece di scoprire pareti e secche ricche
di vita marina ci siamo imbattuti in quello che, con lo scandaglio dalla
barca, a noi pareva uno scoglio - raccontano i due sub -Abbiamo
indossato le apparecchiature e ci siamo immersi, intenzionati ad andare
a far visita a quello che aveva attirato la nostra attenzione. Soltanto
quando siamo giunti a una decina di metri dal fondo abbiamo capito che
quella macchia scura che contrastava con la sabbia e il limo, non era
roccia, ma una distesa di anfore». Una pausa e Mottola e Borghi
riprendono: «Eravamo di fronte ad un nuovo tesoro, che il mare ha
custodito per duemila anni. Un tesoro sconosciuto. L'emozione provata
resta indescrivibile. Prima di noi, questo carico aveva conosciuto la
mano dell'uomo in epoca romana, poi nulla più. Fino al nostro arrivo».
L'emozione è autentica. Gli occhi di Davide luccicano ancora di gioia.
Come il relitto romano appena scoperto anche i due sub entrano a pieno
titolo nella storia dell'archeologia ligure e nazionale, perché d'ora in
avanti i loro nomi si legano al reperto in modo indissolubile. Ma il
cammino da fare è ancora lungo e quello del rinvenimento, a cui è
succeduta l'immediata segnalazione alle Fiamme Gialle di Imperia, che
hanno fatto la segnalazione alla Soprintendenza per i Beni Archeologici
della Liguria, è solo l'inizio. Ora ci saranno indagini e rilievi
fotografici per avere informazioni dettagliate e dare il via ai primi
recuperi, uno dei quali è già avvenuto davanti alla troupe di Linea Blu.
Dai primi e sommari sopralluoghi si è potuto stabilire che la causa
dell'affondamento dell'antico mercantile possa imputarsi con molta
probabilità a una burrasca e al relativo sbilanciamento del carico, dato
che a una simile distanza dalla costa non si trova alcuna roccia semi
-affiorante contro la quale lo scafo avrebbe potuto urtare. Spiega G.P.
Martino, direttore del Nucleo organico archeologia subacquea della
Soprintendenza di Genova: «Per la posizione dello scafo che
probabilmente si trova insabbiato sotto il cumulo di anfore e la loro
disposizione concentrate tutte in un sol punto, possiamo supporre che il
mercantile abbia imbarcato acqua e sia colato a picco mantenendo la
posizione di navigazione. Se lo scalo si fosse rovesciato, i reperti si
sarebbero sparpagliati ricoprendo un'area più vasta».
Adriano Perico