I resti cinquecenteschi dello storico 
		campanile di San Marco, crollato il 14 Luglio 1902 riaffiorano dal fondo 
		della laguna. E' una sorta di piramide a tronco di cono formata da 
		detriti di centinaia di migliaia di mattoni del campanile gettati in 
		acqua, quella che è stata identificata recentemente, nel corso di alcune 
		immersioni subacquee nell'area antistante la bocca di porto di Punta 
		Sabbioni.
		Un ritrovamento di cui anche la 
		Soprintendenza Archeologica è al corrente. Complicato, costoso e forse 
		inutile, date le loro condizioni, riportare alla luce tutte le rovine, 
		ma parte di esse, le più integre - a scopo di documentazione 
		storico-artistica - potrebbero essere ancora estratte dall'acqua e 
		conservate.
 
		N ulla però, è stato ancora deciso. Nei 
		giorni che seguirono il crollo, le macerie del campanile vennero 
		progressivamente ammassate nel cortile di Palazzo Ducale e - recuperate 
		le parti più integre - venne celebrato il funerale delle pietre del 
		campanile. Tutti i detriti furono infatti trasportati con delle chiatte 
		fuori della bocca di Punta Sabbioni e li avvenne il seppellimento delle 
		spoglie rimaste. Da allora, lentamente si perse il ricordo delle rovine 
		del campanile marciano, che riemerge ora con la nuova identificazione 
		del sito.
ulla però, è stato ancora deciso. Nei 
		giorni che seguirono il crollo, le macerie del campanile vennero 
		progressivamente ammassate nel cortile di Palazzo Ducale e - recuperate 
		le parti più integre - venne celebrato il funerale delle pietre del 
		campanile. Tutti i detriti furono infatti trasportati con delle chiatte 
		fuori della bocca di Punta Sabbioni e li avvenne il seppellimento delle 
		spoglie rimaste. Da allora, lentamente si perse il ricordo delle rovine 
		del campanile marciano, che riemerge ora con la nuova identificazione 
		del sito.
		Il campanile originario di Piazza San 
		Marco, iniziato su preesistenti fondazioni romane del IX secolo, fu 
		costruito a più riprese tra il XII e il XIV secolo, sino ad assumere, 
		dopo molti restauri e rifacimenti, l'aspetto definitivo tra il 1511 e il 
		1514.
		Fulmini e terremoti che lo avevano più 
		volte raggiunto non avevano turbato la sua esistenza sino all'inizio del 
		Novecento.
		Era una calda mattina del 14 Luglio 1902 
		quando il campanile si sedette su se stesso davanti agli occhi increduli 
		dei veneziani, con una nube densa biancastra che si diffuse per la 
		città.
		La "pietra del bando" all'angolo della 
		basilica di San Marco, divelta dal suolo da un'enorme blocco di macerie, 
		impedì il crollo della colonna d'angolo e salvò la Basilica da un 
		terribile disastro.
		L'impressione per la caduta fu tale, che 
		furono subito puntellati e posti sotto osservazione tutti i principali 
		edifici storici della città, ritenendo che la caduta del Campanile fosse 
		il segno che i materiali fossero arrivati al punto di massima 
		sopportazione. E fu, anche in quell'occasione - come per la Fenice - 
		com'era e dov'era e il successivo 25 Aprile veniva posta la prima 
		pietra, con l'obiettivo di 
		 rifare il campanile nello stesso punto e 
		nella stessa forma in cui era stato edificato. Intanto, si era celebrato 
		il funerale solenne dei resti del campanile crollato, portati oltre la 
		bocca di porto del Lido e gettati in acqua con un drappo funerario steso 
		su di essi. Adesso quelle rovine, ormai adagiate sul fondo marino da 
		oltre un secolo - nell'area dove sono attualmente in corso parte dei 
		lavori previsti per la costruzione del Mose, tornano a far parlare di 
		se, in attesa di deciderne che cosa farne
rifare il campanile nello stesso punto e 
		nella stessa forma in cui era stato edificato. Intanto, si era celebrato 
		il funerale solenne dei resti del campanile crollato, portati oltre la 
		bocca di porto del Lido e gettati in acqua con un drappo funerario steso 
		su di essi. Adesso quelle rovine, ormai adagiate sul fondo marino da 
		oltre un secolo - nell'area dove sono attualmente in corso parte dei 
		lavori previsti per la costruzione del Mose, tornano a far parlare di 
		se, in attesa di deciderne che cosa farne
 
		di Enrico Tantucci
		
		
								
								La scoperta è stata fatta da Andrea Falconi a 
		bordo dell'unità idrografica "Milvus" di proprietà della 
								Sitmar-sub Cam idrografica