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CENNI SULLA GEOLOGIA E GLI ORGANISMI COSTRUTTORI DELLE "TEGNUE"  
di Antonio Stefanon - foto di Antonio Stefanon

I fondali dell'Alto Adriatico sono caratterizzati da innumerevoli affioramenti rocciosi di varie dimensioni, chiamati localmente "tenùe" perché trattengono e rompono le reti e gli altri attrezzi da pesca a strascico di fondo. La ricchezza di vita di questi ambienti è incredibile, maggiore che in molte altre zone del Mediterraneo. La poca trasparenza dell'acque vela la luce del sole, ed anche ad un sommozzatore il fondo può apparire grigio e monotono se non sufficientemente illuminato. Ma proprio questa modesta trasparenza dell'acqua - dovuta alla grande ricchezza di plancton - è uno dei fattori determinanti della grandissima pescosità di questo mare, che molti erroneamente considerano chiuso ed inquinato. Invece è proprio dall'Adriatico che proviene circa il 70% del prodotto ittico nazionale, ed è nel golfo di Venezia - in acque salubri - che gli stabilimenti di mitilicoltura in mare aperto sono sempre più ampi e numerosi. Infatti le cozze, le vongole e tutti gli altri bivalvi filtratori sono abbondantissimi solo ove è abbondante il plancton di cui si cibano: essi mancano o sono scarsissimi lungo quelle coste dove l'acqua è limpida, e perciò priva del loro nutrimento.

 
Il plancton è il primo anello della catena alimentare degli organismi marini, e la sua abbondanza condiziona spesso la ricchezza anche di quelle associazioni di organismi di fondo (biocenosi) che sembrano inutili, ma che invece sono anch'esse fondamentali a garantire quella "biodiversità" indispensabile in un ambiente sano e naturalmente riproduttivo. E' proprio l'estrema varietà di forme viventi presenti sulle rocce e sul fondale circostante che assicurano una biodiversità sufficiente a far si che questi ambienti diventino oasi di ripopolamento naturale di specie ittiche, anche molto pregiate, perchè gli stadi più giovanili ne apprezzano l'estrema anfrattuosità (quasi spugnosità) nella quale trovano sia rifugio e protezione che cibo adatto.

 
Tre sono sostanzialmente i tipi di roccia presenti:
- Lastre, formatesi dopo l'ultima glaciazione per cementazione dei sedimenti di spiaggia, quando il livello del mare era più basso dell'attuale, tra 10.000 e 3.000 anni fa circa ;
- lastre e blocchi (anche di forma colonnare) di sedimenti di fondo cementatisi per azione di gas metano filtrante dal sottofondo;
- rocce organogene, simili alle scogliere coralline dei mari tropicali, ma nel nostro caso formate da organismi costruttori diversi, cresciuti sul substrato solido offerto dai due tipi precedenti.

 
Dal punto di vista geologico sono molto interessanti sia le rocce formatesi per cementazione dei sedimenti di battigia (beachrock) che quelle formatesi grazie al pullulare di metano (CH4) proveniente dal sottofondo. Attraversando i sedimenti il gas si ossida al contatto con l'acqua interstiziale formandone di nuova, e liberando contemporaneamente anidride carbonica (CO2). Quest'ultima favorisce poi la precipitazione dei carbonati (CaCO3, CaMgCO3,), che forma il cemento delle rocce delle tegnue.
 
figura 01
 
figura 02
 
figura 03
Dal punto di vista biologico-ambientale la roccia organogena è nettamente la più importante, sia perché di solito forma la massa principale degli affioramenti e sia per la grande varietà di forme di vita non solo che la costruiscono, ma anche per quelle ospitate. Gli organismi costruttori - che descriveremo brevemente in seguito  per impiantarsi e crescere hanno sempre bisogno di un substrato duro, che ne assicuri la stabilità anche durante le fortissime mareggiate che l'Alto Adriatico talvolta ci riserva. Un dato impressionante in proposito lo ha fornito l'ing. Luigi Cavalieri del CNR di Venezia, che dai danni provocati alla loro strumentazione sulla torre oceanografica CNR ha stimato in ben 11 metri l'altezza delle onde durante la mareggiata del 29/12/1979. Va messo in evidenza che la torre si trova ad otto miglia al largo del Lido, ed è piantata su di un fondale di appena 16 metri di profondità. Tempeste del genere sono in grado di muovere i sedimenti in tutti i bassi fondali dell'Alto Adriatico, asportandone la parte più fine, che poi le correnti disperderanno più a sud, anche lungo le coste romagnolo/marchigiane. In proposito non tutti sanno che a nord del delta del Po i 40 metri di profondità sono superati solo in un punto interno alla nostra laguna*.
La grande vitalità oceanografica del Golfo di Venezia ne ha sempre assicurato la buona salute nonostante i tanti inquinamenti patiti. Infatti l'andamento generale delle correnti marine, in sinergia con quelle di marea, spostano l'acqua facendola risalire lungo le coste orientali del bacino per poi ridiscendere lungo quella italiana. Obbedendo a questo fenomeno i fiumi veneti - grandi fornitori di sedimenti - distribuiscono il loro trasporto solido in prevalenza solo lungo le nostre coste. Le formazioni organogene possono così crescere rigogliose nelle zone più al largo, senza essere soffocate dagli apporti terrigeni.
 
figura 04
 
figura 05
 
figura 06
Molti turisti attribuiscono la modesta trasparenza delle nostre acque a fango in sospensione e/o inquinamenti, non sapendo che il fenomeno è invece dovuto alla grandissima abbondanza di plancton, che è il primo anello della catena alimentare marina. Ed è proprio questo plancton che assicura non solo la redditività degli allevamenti di cozze in laguna ed in mare (in via di continua espansione), ma che alimenta tutte quelle forme filtranti di fondo, che sono la vera ricchezza dell'Adriatico. E' proprio sulle formazioni organogene e nel loro intorno che la ricchezza di vita e la biodiversità sono massime. Ben lo sanno i pescatori, che grazie ai moderni sistemi GPS di posizionamento satellitare arano i fondali sempre più vicino alle rocce, arrivando anche a rovesciare e distruggere le più piccole, causando un danno ambientale notevolissimo a lungo termine.
Tutto questo è ben noto ai subacquei, che specie negli ultimi anni e nella parte più settentrionale del nostro golfo hanno evidenziato un impoverimento della fauna da loro normalmente incontrata, che non si trova più tanto a suo agio tre quelle altre forme di vita che costruiscono le rocce organogene, degradate anche nella loro biocenosi costruttiva a causa del fango sollevato dai pescatori e sopra ad esse ridistribuito dal mare. Specie nelle zone tra Grado e Carole, le draghe "turbosoffianti" dei pescatori che sarchiano il fondo alla ricerca di vongole e di altri molluschi pregiati (tartufi, noci, ecc.) sollevano grandi quantità di sedimenti, che si ridepositano sulle vicine "tegnue" e soffocano gli organismi costruttori e le altre forme fisse delle biocenosi di fondo.

 
La roccia organogena così "muore", e diminuisce grandemente l'effetto di "casa sicura" per tutti quegli organismi - specie gli stati larvali e giovanili - che in esse trovano rifugio e nutrimento. Diminuisce pertanto il generale effetto rifugio di queste zone che quindi rappresentano sempre meno quelle oasi di ripopolamento naturale che hanno assicurato tanta abbondanza, anche di pesce, al nostro mare. E' sostanzialmente per questo che è indispensabile proteggere le tegnue, ed il Comune di Chioggia ha il grandissimo merito di essere stato il primo a recepire il problema. Infatti ha subito pensato alla loro difesa, presentando domanda alle Autorità competenti (e secondo le leggi vigenti) per l'istituzione di una "zona di tutela biologica" a buona copertura degli affioranti rocciosi più importanti e più belli, raggruppati poche miglia al largo della spiaggia di Sottomarina. L'importanza del substrato solido (beachrock o cementazioni da metano) ed i rapporti con gli elementi costruttori della roccia che vi cresce sopra sono ben visibili nella figura 1 , ove nel primo caso il supporto è dato da una lastra di beachrock, ed invece è un pezzo di pancia d'anfora romana nel secondo. La massa organogena è formata dalla crescita caotica delle forme incrostanti, che difficilmente è continua, seguendo invece dei cicli legati a variazioni ambientali. La scala delle figure non consente una identificazione precisa degli organismi costruttori.
figura 07
figura 08
  Le varie forme di vita che popolano le tenue possono essere divise in vegetali ed animali, sia fisse che vagili (in grado di spostarsi), La predominanza di una specie sull'altra è legata a tutta una gamma di rapporti ed interazioni complesse, che vanno dalla competizione per lo spazio alla simbiosi ed al commensalismo. Alcune rocce - anche se ricchissime di vita, come quella di figura 2 (formatasi per effetto del pullulare di metano) ospitano una minima parte di organismi costruttori, mentre su altre questi sono prevalenti. Questo fa probabilmente parte di un ciclo di alternanza tra costruttori ed epibionti (quali le spugne e le ascidie, particolarmente abbondanti nell'immagine) sempre in competizione di spazio.
*Dopo la creazione dei moli guardiani, in meno di due secoli le correnti di marea hanno scavato entro il Canale di Malamocco una "fossa" profonda circa 50 metri, tuttora in lenta evoluzione.

 
Tra gli elementi costruttori i più importanti sono di solito le alghe calcaree incrostanti, quali lo Pseudolithophillum di figura 3, che riconosciamo facilmente per il suo colore violaceo e la forma simile a quella dei funghi che crescono sui ceppi di alberi morti. In certe zone queste alghe possono costituire oltre il 70% della massa, mentre in altrepossono predominare i briozoi i serpulidi e più raramente i madreporari.
In figura 4 notiamo alcuni "cuscini" del principale madreporario costruttore presente in Alto Adriatico. La loro bella struttura, simile a quella di coralli dei mari tropicali ben evidente (come in figura 5) se la colonia vinene ripulita dalla parte organica con un getto d'acqua in pressione, ne fa una preda ambita (anche se proibita) per i subacquei con autorespiratore. Anche i briozoi sono importanti organismi costruttori, tra i quali il Myriozoum truncatum, o falso corallo, di cui vediamo una bella colonia in figura 6, e la (Retepora) di figura 7, detta anche rosa di mare. Quest'ultima è relativamente frequente in tutto il Mediterraneo, ma a profondità molto maggiori, di solito oltre i 40 -50 metri; al largo del confine italo/francese possiamo trovarne di bellissime, ma a profondità tra i 70 e gli 80 metri. .

 
 
Dal punto di vista morfologico, Newton e Stefanon (1982) riferiscono dell'esistenza di due tipologie fondamentali di "tegnùe": da
una parte veri e propri "reefs" o barriere organogene interamente o quasi realizzate
da organismi biocostruttori, dall'altra rocce sedimentarie più o meno grandi e spesso in forma di lastre su cui gli organismi creano solo sottili "croste" di ricoprimento.
Di fatto, qualunque corpo solido sommerso come ad esempio i gusci di grossi bivalvi (ostriche, pinne e pettini), oggetti abbandonati o relitti, possono costituire il fulcro di partenza per lo sviluppo di organismi incrostanti che coi loro gusci o scheletri calcarei si accrescono gli uni sugli altri, inglobando altri gusci e sedimento, originando "biostrutture".
Altri importanti organismi costruttori sono quelli del genere Vermetus, che in figura 8 vediamo associati ad altri briozoi, molto comuni, e che hanno appena iniziato a colonizzare una lastra rocciosa. In alcuni casi essi possono costituire oltre il 50% della massa rocciosa. La grandissima biodiversità delle associazioni biologiche che popolano le nostre tenue ne fa un ambiente particolarissimo, che andrebbe sfruttato non solo dal punto di vista scientifico ma anche didattico e turistico. Già qualche club subacqueo locale o delle zone vicine ne ha fatto il suo campo scuola per i brevetti d'immersione, e talvolta organizza escursioni subacquee. A molti è così possibile avvicinarsi ad un ambiente incredibilmente ricco e bello, ove - nella stagione propizia - è spesso possibile ammirare un astice affacciato alla sua tana e circondato da una nuvola di avannotti.
L'autore: Prof. Antonio Stefanon del Dipartimento Scienze Ambientali della Università Cà Foscari di Venezia.


 
A cura del Prof. Stefanon le seguenti pubblicazioni inerenti "le Tenùe"
Stefanon A (1966) First notes on the discovery of outcrops of beach rock in the Gulf of Venice (Italy). XX Congrès - Assemblée Plenière de la C.I.E.S.M.M. in Rapp. Comm. int. Mer. Médit. 648-649.
Stefanon A (1967) Formazioni rocciose del bacino dell'Alto Adriatico. Atti Ist. Veneto Sc. Lettere ed Arti 125: 79-89.
Stefanon A (1970) The role of beachrock in the study of the evolution of the North Adriatic Sea. Mem. Biogeogr. Adriatic. 8: 79-99.
Stefanon A, Mozzi C (1972) Esistenza di rocce organogene nell'Alto Adriatico al largo di Chioggia. Atti Ist. Veneto Sc. Lettere ed Arti 130: 495-499.
Fonte:
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