I
fondali dell'Alto Adriatico sono caratterizzati da innumerevoli
affioramenti rocciosi di varie dimensioni, chiamati localmente "tenùe"
perché trattengono e rompono le reti e gli altri attrezzi da pesca a
strascico di fondo. La ricchezza di vita di questi ambienti è
incredibile, maggiore che in molte altre zone del Mediterraneo. La
poca trasparenza dell'acque vela la luce del sole, ed anche ad un
sommozzatore il fondo può apparire grigio e monotono se non
sufficientemente illuminato. Ma proprio questa modesta trasparenza
dell'acqua - dovuta alla grande ricchezza di plancton - è uno dei
fattori determinanti della grandissima pescosità di questo mare, che
molti erroneamente considerano chiuso ed inquinato. Invece è proprio
dall'Adriatico che proviene circa il 70% del prodotto ittico
nazionale, ed è nel golfo di Venezia - in acque salubri - che gli
stabilimenti di mitilicoltura in mare aperto sono sempre più ampi e
numerosi. Infatti le cozze, le vongole e tutti gli altri bivalvi
filtratori sono abbondantissimi solo ove è abbondante il plancton di
cui si cibano: essi mancano o sono scarsissimi lungo quelle coste
dove l'acqua è limpida, e perciò priva del loro nutrimento.
Il
plancton è il primo anello della catena alimentare degli organismi
marini, e la sua abbondanza condiziona spesso la ricchezza anche di
quelle associazioni di organismi di fondo (biocenosi) che sembrano
inutili, ma che invece sono anch'esse fondamentali a garantire
quella "biodiversità" indispensabile in un ambiente sano e
naturalmente riproduttivo. E' proprio l'estrema varietà di forme
viventi presenti sulle rocce e sul fondale circostante che
assicurano una biodiversità sufficiente a far si che questi ambienti
diventino oasi di ripopolamento naturale di specie ittiche, anche
molto pregiate, perchè gli stadi più giovanili ne apprezzano
l'estrema anfrattuosità (quasi spugnosità) nella quale trovano sia
rifugio e protezione che cibo adatto.
Tre
sono sostanzialmente i tipi di roccia presenti:
-
Lastre, formatesi dopo l'ultima glaciazione per cementazione dei
sedimenti di spiaggia, quando il livello del mare era più basso
dell'attuale, tra 10.000 e 3.000 anni fa circa ;
-
lastre e blocchi (anche di forma colonnare) di sedimenti di fondo
cementatisi per azione di gas metano filtrante dal sottofondo;
-
rocce organogene, simili alle scogliere coralline dei mari
tropicali, ma nel nostro caso formate da organismi costruttori
diversi, cresciuti sul substrato solido offerto dai due tipi
precedenti.
Dal
punto di vista geologico sono molto interessanti sia le rocce
formatesi per cementazione dei sedimenti di battigia (beachrock) che
quelle formatesi grazie al pullulare di metano (CH4) proveniente dal
sottofondo. Attraversando i sedimenti il gas si ossida al contatto
con l'acqua interstiziale formandone di nuova, e liberando
contemporaneamente anidride carbonica (CO2). Quest'ultima favorisce
poi la precipitazione dei carbonati (CaCO3, CaMgCO3,), che forma il
cemento delle rocce delle tegnue.
figura 01
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figura 02
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figura 03
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Dal
punto di vista biologico-ambientale la roccia organogena è
nettamente la più importante, sia perché di solito forma la massa
principale degli affioramenti e sia per la grande varietà di forme
di vita non solo che la costruiscono, ma anche per quelle ospitate.
Gli organismi costruttori - che descriveremo brevemente in seguito
per impiantarsi e crescere hanno sempre bisogno di un substrato
duro, che ne assicuri la stabilità anche durante le fortissime
mareggiate che l'Alto Adriatico talvolta ci riserva. Un dato
impressionante in proposito lo ha fornito l'ing. Luigi Cavalieri del
CNR di Venezia, che dai danni provocati alla loro strumentazione
sulla torre oceanografica CNR ha stimato in ben 11 metri l'altezza
delle onde durante la mareggiata del 29/12/1979. Va messo in
evidenza che la torre si trova ad otto miglia al largo del Lido, ed
è piantata su di un fondale di appena 16 metri di profondità.
Tempeste del genere sono in grado di muovere i sedimenti in tutti i
bassi fondali dell'Alto Adriatico, asportandone la parte più fine,
che poi le correnti disperderanno più a sud, anche lungo le coste
romagnolo/marchigiane. In proposito non tutti sanno che a nord del
delta del Po i 40 metri di profondità sono superati solo in un punto
interno alla nostra laguna*.
La
grande vitalità oceanografica del Golfo di Venezia ne ha sempre
assicurato la buona salute nonostante i tanti inquinamenti patiti.
Infatti l'andamento generale delle correnti marine, in sinergia con
quelle di marea, spostano l'acqua facendola risalire lungo le coste
orientali del bacino per poi ridiscendere lungo quella italiana.
Obbedendo a questo fenomeno i fiumi veneti - grandi fornitori di
sedimenti - distribuiscono il loro trasporto solido in prevalenza
solo lungo le nostre coste. Le formazioni organogene possono così
crescere rigogliose nelle zone più al largo, senza essere soffocate
dagli apporti terrigeni.
figura 04
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figura 05
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figura 06
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Molti turisti attribuiscono la modesta trasparenza delle nostre
acque a fango in sospensione e/o inquinamenti, non sapendo che il
fenomeno è invece dovuto alla grandissima abbondanza di plancton,
che è il primo anello della catena alimentare marina. Ed è proprio
questo plancton che assicura non solo la redditività degli
allevamenti di cozze in laguna ed in mare (in via di continua
espansione), ma che alimenta tutte quelle forme filtranti di fondo,
che sono la vera ricchezza dell'Adriatico. E' proprio sulle
formazioni organogene e nel loro intorno che la ricchezza di vita e
la biodiversità sono massime. Ben lo sanno i pescatori, che grazie
ai moderni sistemi GPS di posizionamento satellitare arano i fondali
sempre più vicino alle rocce, arrivando anche a rovesciare e
distruggere le più piccole, causando un danno ambientale
notevolissimo a lungo termine.
Tutto questo è ben noto ai subacquei, che specie negli ultimi anni e
nella parte più settentrionale del nostro golfo hanno evidenziato un
impoverimento della fauna da loro normalmente incontrata, che non si
trova più tanto a suo agio tre quelle altre forme di vita che
costruiscono le rocce organogene, degradate anche nella loro
biocenosi costruttiva a causa del fango sollevato dai pescatori e
sopra ad esse ridistribuito dal mare. Specie nelle zone tra Grado e
Carole, le draghe "turbosoffianti" dei pescatori che sarchiano il
fondo alla ricerca di vongole e di altri molluschi pregiati
(tartufi, noci, ecc.) sollevano grandi quantità di sedimenti, che si
ridepositano sulle vicine "tegnue" e soffocano gli organismi
costruttori e le altre forme fisse delle biocenosi di fondo.
La
roccia organogena così "muore", e diminuisce grandemente l'effetto
di "casa sicura" per tutti quegli organismi - specie gli stati
larvali e giovanili - che in esse trovano rifugio e nutrimento.
Diminuisce pertanto il generale effetto rifugio di queste zone che
quindi rappresentano sempre meno quelle oasi di ripopolamento
naturale che hanno assicurato tanta abbondanza, anche di pesce, al
nostro mare. E' sostanzialmente per questo che è indispensabile
proteggere le tegnue, ed il Comune di Chioggia ha il grandissimo
merito di essere stato il primo a recepire il problema. Infatti ha
subito pensato alla loro difesa, presentando domanda alle Autorità
competenti (e secondo le leggi vigenti) per l'istituzione di una
"zona di tutela biologica" a buona copertura degli affioranti
rocciosi più importanti e più belli, raggruppati poche miglia al
largo della spiaggia di Sottomarina. L'importanza del substrato
solido (beachrock o cementazioni da metano) ed i rapporti con gli
elementi costruttori della roccia che vi cresce sopra sono ben
visibili nella figura 1 , ove nel primo caso il supporto è dato da
una lastra di beachrock, ed invece è un pezzo di pancia d'anfora
romana nel secondo. La massa organogena è formata dalla crescita
caotica delle forme incrostanti, che difficilmente è continua,
seguendo invece dei cicli legati a variazioni ambientali. La scala
delle figure non consente una identificazione precisa degli
organismi costruttori.
Le varie forme di vita che popolano le tenue possono essere divise
in vegetali ed animali, sia fisse che vagili (in grado di
spostarsi), La predominanza di una specie sull'altra è legata a
tutta una gamma di rapporti ed interazioni complesse, che vanno
dalla competizione per lo spazio alla simbiosi ed al commensalismo.
Alcune rocce - anche se ricchissime di vita, come quella di figura 2
(formatasi per effetto del pullulare di metano) ospitano una minima
parte di organismi costruttori, mentre su altre questi sono
prevalenti. Questo fa probabilmente parte di un ciclo di alternanza
tra costruttori ed epibionti (quali le spugne e le ascidie,
particolarmente abbondanti nell'immagine) sempre in competizione di
spazio.
*Dopo la creazione dei moli guardiani, in meno di due secoli le
correnti di marea hanno scavato entro il Canale di Malamocco una
"fossa" profonda circa 50 metri, tuttora in lenta evoluzione.
Tra
gli elementi costruttori i più importanti sono di solito le alghe
calcaree incrostanti, quali lo Pseudolithophillum di figura 3, che
riconosciamo facilmente per il suo colore violaceo e la forma simile
a quella dei funghi che crescono sui ceppi di alberi morti. In certe
zone queste alghe possono costituire oltre il 70% della massa,
mentre in altrepossono predominare i briozoi i serpulidi e più
raramente i madreporari.
In
figura 4 notiamo alcuni "cuscini" del principale madreporario
costruttore presente in Alto Adriatico. La loro bella struttura,
simile a quella di coralli dei mari tropicali ben evidente (come in
figura 5) se la colonia vinene ripulita dalla parte organica con un
getto d'acqua in pressione, ne fa una preda ambita (anche se
proibita) per i subacquei con autorespiratore. Anche i briozoi sono
importanti organismi costruttori, tra i quali il Myriozoum truncatum,
o falso corallo, di cui vediamo una bella colonia in figura 6, e la
(Retepora) di figura 7, detta anche rosa di mare. Quest'ultima è
relativamente frequente in tutto il Mediterraneo, ma a profondità
molto maggiori, di solito oltre i 40 -50 metri; al largo del confine
italo/francese possiamo trovarne di bellissime, ma a profondità tra
i 70 e gli 80 metri. .
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Dal punto di vista morfologico, Newton e Stefanon
(1982) riferiscono dell'esistenza di due tipologie
fondamentali di "tegnùe": da
una parte veri e propri "reefs" o barriere
organogene interamente o quasi realizzate
da organismi biocostruttori, dall'altra rocce
sedimentarie più o meno grandi e spesso in forma di
lastre su cui gli organismi creano solo sottili
"croste" di ricoprimento.
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Di
fatto, qualunque corpo solido sommerso come ad esempio i gusci di
grossi bivalvi (ostriche, pinne e pettini), oggetti abbandonati o
relitti, possono costituire il fulcro di partenza per lo sviluppo di
organismi incrostanti che coi loro gusci o scheletri calcarei si
accrescono gli uni sugli altri, inglobando altri gusci e sedimento,
originando "biostrutture".
Altri importanti organismi costruttori sono quelli del genere
Vermetus, che in figura 8 vediamo associati ad altri briozoi, molto
comuni, e che hanno appena iniziato a colonizzare una lastra
rocciosa. In alcuni casi essi possono costituire oltre il 50% della
massa rocciosa. La grandissima biodiversità delle associazioni
biologiche che popolano le nostre tenue ne fa un ambiente
particolarissimo, che andrebbe sfruttato non solo dal punto di vista
scientifico ma anche didattico e turistico. Già qualche club
subacqueo locale o delle zone vicine ne ha fatto il suo campo scuola
per i brevetti d'immersione, e talvolta organizza escursioni
subacquee. A molti è così possibile avvicinarsi ad un ambiente
incredibilmente ricco e bello, ove - nella stagione propizia - è
spesso possibile ammirare un astice affacciato alla sua tana e
circondato da una nuvola di avannotti.
L'autore: Prof. Antonio Stefanon del Dipartimento Scienze Ambientali
della Università Cà Foscari di Venezia.
A cura del Prof. Stefanon le seguenti pubblicazioni inerenti "le
Tenùe"
Stefanon A (1966) First notes on the discovery of outcrops of beach
rock in the Gulf of Venice (Italy). XX Congrès - Assemblée Plenière
de la C.I.E.S.M.M. in Rapp. Comm. int. Mer. Médit. 648-649.
Stefanon A (1967) Formazioni rocciose del bacino dell'Alto
Adriatico. Atti Ist. Veneto Sc. Lettere ed Arti 125: 79-89.
Stefanon A (1970) The role of beachrock in the study of the
evolution of the North Adriatic Sea. Mem. Biogeogr. Adriatic. 8:
79-99.
Stefanon A, Mozzi C (1972) Esistenza di rocce organogene nell'Alto
Adriatico al largo di Chioggia. Atti Ist. Veneto Sc. Lettere ed Arti
130: 495-499.
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