Tiziana Ferrario - Il vento di Kabul

Il libro della nostra amica Tiziana Ferrario

 

Il vento di Kabul
 
Cronache afghane


Un viaggio nell’Afghanistan del 2006, a quasi cinque anni dall’attacco alle Torri Gemelle, l’inizio della guerra al terrorismo e la caduta del regime dei talebani. Gli incontri con i suoi abitanti e con quelle donne che ancora oggi, nonostante siedano in Parlamento, continuano a essere cedute, scambiate, imprigionate, accusate di reati come l’adulterio o la fuga da casa.

Un viaggio per capire perché la pace e la stabilità siano ancora così lontane nella terra che ha ospitato Osama Bin Laden e i campi di addestramento di Al Qaeda, nel Paese che la Casa Bianca considera un modello di «democrazia da esportazione», lo stesso che sta cercando di applicare in Medio Oriente. I marine americani e i soldati della Nato sono dispiegati in tutte le province, eppure la guerriglia talebana ha rialzato la testa e si è riorganizzata, mentre sono comparsi i kamikaze, realtà prima mai espressa dalla storia afghana, neppure durante i lunghi anni di guerra. L’Afghanistan dipende totalmente dagli aiuti internazionali, rimane il maggiore produttore di oppio al mondo ed è tuttora pieno di armi, con circa 1800 gruppi di milizie private. La libertà di stampa esiste solo sulla carta ed è costantemente nel mirino di giudici conservatori, pronti a imprigionare i giornalisti che violano i sacri principi dell’Islam.

Dalla riflessione schietta e appassionata dell’autrice emerge il ritratto dell’Afghanistan come un caso non risolto. Un Paese in cui il concetto stesso di democrazia è messo in discussione di continuo dalle tradizioni di una società tribale. 

«I piedini nudi penzolavano dalle panche e toccavano il fango che invadeva tutto il cortile. Sono così belle le bambine afghane che ogni volta diventa difficile raccontare in televisione le condizioni disperate in cui vivono. I loro visi, i loro occhi verdi, i loro vestiti colorati riempiono le inquadrature e al montaggio tutto appare meno drammatico di quello che è. Ma i piedini nudi nel fango non sono finzione: sono, purtroppo, la tragica realtà.»

 

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