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Il Campo scuola 1998
 
 
IL PORTO ROMANO DI CASTELLABATE
LA BANCHINA FRONTE NORD

  Figura 5 - Parte affiorante dell’antico molo


Dal piazzale del porto, affacciandosi al parapetto verso ponente, si notano i resti affioranti dell’antico molo romano, questi si uniscono con il nuovo porto che ne ha inglobato la parte terminale verso terra, l’estensione del tratto emerso è di 84 m. cui fa seguito una porzione franata prima dell’imboccatura portuale.

Da questa struttura semisommersa sono iniziate le prime indagini, si è appurato che si tratta di conglomerato pozzolanico misto a sabbia, ghiaia e sassi di fiume che mediamente non superano i 15 cm di diametro.

L’opera si presenta continua, con le pareti laterali diritte a perpendicolo ad indicare l’avvenuto getto in casseforme lignee ancorate sul fondo, sono evidenti i fori dei pali di armatura interna a dette casseforme, parecchi pali sono ancora “in situ” nel conglomerato.

Scavalcato il parapetto e scesa la nuova massicciata, si può sormontare il primo dei  quattro blocchi affioranti che compongono la banchina antica (figura 6). 

Con molta cautela e bagnandosi negli interstizi che univano i blocchi contigui, dove le mareggiate hanno maggiormente corroso la struttura, si può ancora percorrere la piattaforma che individuiamo suddivisa con le lettere  A-B-C-D2.

Il blocco “A” si presenta molto deteriorato, è congiunto al nuovo porto e il bordo esterno dista dalla spalletta del parapetto 19 m.

Il blocco “B” presenta una pianta rettangolare di m. 30X4 , si notano tre fori di pali posti in verticale del diametro di cm.22-25,  il bordo esterno dista dalla spalletta 50 m.

Il blocco “C” è il meglio conservato presentando la superficie superiore con un’ottima forma rettangolare di m. 18,80X4,50. Si nota il foro di un palo posto in verticale del diametro di cm 22-25. Il bordo esterno dista dalla spalletta 70 m.


Figura 7 - Blocco D del molo - (sono evidenti i fori lasciati dai pali)


Il blocco “D” è il più esterno degli affioranti, ha dimensioni in pianta di m 11,40X4,70 , presenta nella parte affiorante tre fori di pali paralleli posti orizzontalmente del diametro di cm 15 distanziati fra loro di cm 90 (figura 7).

La parte sommersa è stata corrosa dalle onde (figura 8) che hanno scavato una rientranza di circa 50 cm attorno a tutto il blocco. La base di appoggio si estende con un bordo di circa un metro presentando 15 fori di pali posti in verticale, alcuni contengono ancora il legno. Come si può osservare dalle misure riportate, i blocchi hanno dimensioni diverse fra loro sia in lunghezza che in larghezza, l’unico dato evidente è che la larghezza aumenta con il protendersi verso l’esterno della banchina.

Questo suggerisce l’ipotesi che si sia voluta rinforzare la parte esterna, più esposta ai marosi data anche la maggiore profondità che arriva a m 4,5, mentre nell’angolo interno fra la struttura antica e quella moderna si 

incontra il sedimento roccioso ad una profondità di m. 2,00-2,50 sotto uno strato di sabbia di riporto di circa 30 cm.

Per motivi di tempo non è stata effettuata la ricerca di eventuali elementi lignei di contenimento delle casseforme che si potrebbero trovare nei giunti fra blocchi contigui.

Oltre ai quattro blocchi emersi vi sono rovine sparse sia attorno che in prosecuzione della linea di orientamento, il più evidente è stato classificato blocco “E” che si colloca ad una distanza di 18,2 m. da “D” . Risulta adagiato alla profondità di 4,5 m. da cui si eleva di 2,80 m. Si notano tre fori di pali posti obliquamente essendo esso stesso ribaltato rispetto la posizione originaria.


Figura 8 - Parte sommersa del molo - (si noti il fenomeno di erosione della base)


1-Sorte peggiore è toccata al porto romano di Grignano, vicino a Trieste, quando negli anni 50 tutta la banchina antica è servita da basamento per il getto in cemento del nuovo porto.  Oggi tutti conoscono il parco marino di Miramare perché è stato il primo istituito in Italia, ma pochi sanno che il confine settentrionale di detto parco è costituito dalla banchina del porto di Grignano già documentata dall’archeologo Prof. DEGRASSI quand’era Soprintendente per l’Istria e Trieste negli anni 20.

2- Vedi pianta allegata alla relazione.