(gr.t.) Il 22
febbraio per la
famiglia Scala
di Marano
Lagunare è
proprio una data
"storica". Il 22
febbraio era
nato nonno
Silvestro. Il 22
febbraio 2001
con il loro
peschereccio il
papà Giovanni
detto "Gianni
Silvestro" con
il figlio David
si imbattono nel
cannone del
Mercure che
rimane
impigliato nelle
reti. E il
Mercure era
affondato in
quelle acque
proprio il 22
febbraio di
quasi 200 anni
prima. «Un
giorno di
tragedia»,
commenta Andrea
Scala, l'altro
figlio di
Giovanni, pure
pescatore, e ora
ispettore
onorario della
soprintendenza,
«ma anche un
giorno di gioia:
lì, sotto il
fuoco inglese,
morirono più di
duecento
persone. Ma per
noi il
ritrovamento del
relitto è stato
un momento di
grande
soddisfazione».
«Quella
mattina»,
racconta Gianni
Silvestro, «mio
figlio David era
un po' stanco e
così mi chiese
di seguirlo in
mare. È stata
proprio una
fortuna perché
così ho vissuto
in diretta il
ripescaggio del
cannone». Col
peschereccio
Albatros padre e
figlio intorno
alle 9 del
mattino del 22
febbraio 2001
stanno
rientrando dalla
zona di pesca,
24 miglia al
largo di Lignano.
Un'ora più
tardi, a 6
miglia dalla
costa e 11 da
Grado, il
peschereccio
subisce come uno
scossone. Le
reti si
impigliano, la
barca si sposta
di colpo di una
decina di metri.
Il motore
sbuffa, arranca.
«Con calma,
usando il
verricello»,
continua David,
«cerchiamo di
smuovere un po'
l'ostacolo e si
issare questo
corpo pesante
sulla nave». La
sorpresa è
grande: «È un
cannone».
L'oggetto, di un
metro e 20 di
lunghezza e un
migliaio di
chili di peso,
viene portato a
Marano Lagunare.
«Già in
navigazione
avverto la
capitaneria di
porto di
Monfalcone che
mi dice di
lasciarlo in
deposito al
Mercato ittico
cercando di
parlarne il meno
possibile»,
riprende
Giovanni. Lì a
Marano rimane
tre mesi, in una
vaschetta dove
ogni giorno il
pescatore è
andato a
cambiare
l'acqua. E poi
la carronata del
Mercure ha preso
la via
dell'Arsenale di
Venezia dove ora
è conservato e
già restaurato:
«Sembra nuovo:
proprio un bel
pezzo di
artiglieria».