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Il recupero dei cannoni del brick napoleonico Mercure
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Il mare
davanti a
Lignano è
calmo. La
visibilità è
buona. Il
sole picchia
inesorabile
sulla grande
draga Gino
Cucco, un
"mostro" da
più di 70
metri che
rompe la
monotonia
del
paesaggio
con le sue
lamiere
arancione
accecante e
la grande
gru di
manovra. Ma
quella nave
così
insolita in
quel tratto
di mare non
è lì per
caso. È
partita ieri
mattina alle
7 da
Marghera per
essere
puntuale
all'appuntamento
con la
storia: il
recupero dei
cannoni del
brick
napoleonico
Mercure
. Sono
passati
quasi
duecento
anni
dall'affondamento
del
Mercure
sotto i
colpi dei
cannoni
inglesi.
Quella
mattina
c'era una
fitta nebbia
quasi a
sottolineare
la tragedia
di quei
momenti,
ieri un sole
brillante a
esaltare il
felice
momento per
l'archeologia
subacquea.
Così ieri è
giunto il
momento del
ripescaggio
dei cannoni.
Sul punto
"X", a
sei-sette
miglia da
Marano
Lagunare,
sono
arrivati
l'equipe di
archeologi
del
dipartimento
di Scienze
dell'Antichità
e del Vicino
Oriente di
Ca' Foscari
e quelli del
nucleo di
Archeologia
subacquea (Nausicaa)
della
soprintendenza
ai Beni
archeologici
del Veneto,
insieme ai
nuclei
sommozzatori
dei
carabinieri
di Trieste e
del nucleo
per la
tutela dei
beni
culturali di
Venezia, dei
vigili del
fuoco di
Trieste e
della
capitaneria
di Porto di
Caorle, con
la
protezione
civile di
Lignano. Il
mare intorno
alle 11 si è
fatto
particolarmente
affollato.
I sub
continuano a
tuffarsi e
risalire.
Agganciano
piccole boe,
portano sui
fondali
sabbiosi dei
grossi
palloni da
mille litri
l'uno.
«Serviranno
per portare
quasi in
superficie i
cannoni
imbragati in
speciali
daghe di
nylon»,
spiega Carlo
Beltrame,
docente a
Ca' Foscari,
e direttore
dello scavo.
Poi, a un
certo punto,
fa un cenno
con la mano,
quasi a
rispondere a
un segno
convenzionale
di uno dei
sub. Di
colpo, la
platea
zittisce e
guarda quasi
istintivamente
verso il
mare. Tante
bollicine
stanno
guadagnando
la
superficie.
È l'avviso
che il
cannone è
vicino.
Ancora un
attimo e,
annunciato
da un
ribollire
più intenso
dell'acqua,
ecco
riaffiorare
una delle
carronate
del
Mercure
. Sono le
13.28: il
primo
cannone è
tornato in
contatto con
l'atmosfera.
Non ci sono
molte
concrezioni.
La sua forma
è
perfettamente
leggibile.
Non sembra
neppure che
sia stato
quasi
duecento
anni in
ammollo in
fondo al
mare. Un
piccolo
applauso
stempera la
tensione di
tante ore di
preparazione.
Ora si
procede con
più
speditezza.
E nel giro
di altre due
ore nel
grande
cassone
della draga
di Luciano
Cucco
condotta da
Fausto
Coccia,
finiscono
anche gli
altri due
cannoni che
affioravano
dai fondali
sabbiosi:
invece gli
altri
quattro che
sono rimasti
sul fondo
sono ancora
coperti
dallo strato
di sabbia e
alghe. Per
ora quindi
lì non
dovrebbero
subire danni
nè da parte
delle reti a
strascico nè
di eventuali
"tombaroli"
del mare. Le
tre
carronate
recuperate
ieri sera
sono state
portate
all'Arsenale
di Venezia
dove saranno
subito
restaurate.
Ora i
cannoni di
Napoleone
sono proprio
al sicuro.
Graziano
Tavan
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